Il difficile compito di dover “convocare”
Provate a mettervi nei miei panni: 25 ragazzi in rosa, 25 attitudini da considerare, 25 aspettative a cui dare risposta e solo 18 da portare in partita. E ogni (maledetta) domenica, ti spetta questo ingrato compito.
Dico ingrato perché la mia natura di padre e imprenditore li porterebbe tutti in partita, e li farebbe giocare anche tutti!
Ma… Già ma:
- ci sono regole alle quali bisogna “obbedire”;
- ci sono ruoli che devono essere tenuti in considerazione;
- ci sono competenze che vanno valorizzate;
- ci sono comportamenti che vanno valutati;
- ci sono persone che devono essere rispettate!
Imprenditore o allenatore poco importa: la tua Squadra – Azienda – ha bisogno di una figura che sappia gestire queste situazioni e sappia trarre il massimo da ogni singolo, piccolo o grande evento.
E il momento delle “convocazioni” della domenica è il momento “clou” in cui raccogli tutte le informazioni ricevute in allenamento per creare la squadra che secondo te è la migliore da introdurre.
Squadra e Azienda: un binomio perfetto
Il parallelismo Squadra – Azienda non è casuale: ci sto lavorando come imprenditore e allenatore da parecchio tempo e sono arrivato alla conclusione che le due entità sono simili, così come simili sono gli interpreti del gioco. Che si chiami partita o che si chiami business.
Provate ad immaginare nella vostra azienda chi ricopre la figura del portiere, chi dei difensori, dei centrocampisti e degli attaccanti, provate ad immaginare quale “modulo” adotta la vostra azienda: votato all’attacco? Alla conservazione del risultato? È talmente spregiudicato che compromette il lavoro di una vita del fondatore?
E provate a formulare degli esercizi che richiamino quello che succede nel business: la scorsa settimana ho proposto un gioco in allenamento dove i ragazzi dovevano improvvisarsi “corrieri” di Amazon con delle consegne da effettuare, un lavoro sulla precisione dettato da tempi di consegna e bontà delle consegne, etc.
BELLISSIMO!
Imparare a riconoscere le individualità della propria squadra
E allora ritorno a quanto scritto sopra: le persone, giocatori o colleghi che siano, vanno rispettate. Come? Rispettando le loro individualità, le loro aspettative, i loro bisogni innati.
Trovare la strada giusta per enfatizzare i loro punti di forza e cercare di risolvere i loro punti deboli; farli giocare nel ruolo giusto per evitare che da loro ci si aspetti qualcosa che non potranno mai darci.
Ma siamo in grado di fare tutto questo? O convochiamo alla partita solo chi ci sta simpatico, chi non ha fatto gli allenamenti ma ha talento, o chi ha il papà imprenditore che sponsorizza la squadra o ancora chi non se lo merita perché ha combinato una caxxata ma è un leader (negativo in questo caso)?
Capire sé stessi per comprendere meglio la propria squadra
Bella sfida quella dell’allenatore/imprenditore, io l’ho raccolta ed ho confezionato anche un momento di formazione che coniuga la figura e gli impegni di un allenatore con quelli di un imprenditore: momenti che insegnano a capire sé stessi, chi siamo veramente, perché pensiamo e agiamo in un determinato modo e che ci fanno capire come sono gli altri dopo aver capito chi siamo noi.
Una formazione lontana dagli stereotipi della “formazione comportamentale” (“Fai come me che otterrai gli stessi risultati” – Balla ciclopica!) ma improntata alla conoscenza di sé stessi e dei propri driver attraverso uno strumento scientifico.
Senza dimenticare una cosa fondamentale: prima regola divertirsi!